Inviato 08 settembre 2020 - 06:27
Articolo Img
DELITTO DI COLLEFERRO8 settembre 2020 - 15:19
Alessandro Bianchi: «I miei fratelli fanno i bulli con i bulli, non hanno dato il calcio a Willy»
di Fulvio Fiano
Artena «Quella sera Gabriele e Marco sono venuti da me, al locale, erano inferociti con gli altri due, dicevano “Per colpa di sti’ due... (Mario Pincaroli e Francesco Belleggia, ndr) hanno fatto un casino.... Non dico che non c’entrano niente ma io sono sicuro che i miei fratelli non hanno ucciso nessuno e la verità verrà fuori. Ci sono i testimoni, le telecamere, ma dobbiamo aspettare qualche giorno».
Alessandro, 33 anni, è il maggiore dei quattro fratelli Bianchi. Gli ultimi due sono in carcere da sabato notte con l’accusa di aver ucciso Willy Monteiro. Ha studiato l’alberghiero, lavora nei ristoranti da sempre, pochi mesi fa ne ha aperto uno suo ad Artena. Risponde alle domande sull’uscio del grande cancello in metallo della villa dei genitori in contrada Colubro, nella campagna ai margini del paesino ai confini con la provincia di Latina. Sui maniglioni una F e una B introducono anche simbolicamente nella Famiglia Bianchi alla quale in centinaia di persone augurano la morte e altre atrocità in queste ore, senza distinzione di parentela.
«Guarda - dice Alessandro visibilmente scosso mostrando la pagina social per le prenotazioni al suo ristorante - un altro che mi scrive per minacciare (“Occhio al tuo locale, le azioni dei tuoi fratellini chiamano vendetta”, dice il testo, ndr) da due giorni è così, mi bruceranno il locale, verranno a spararci. Ho paura per mia moglie e mia figlia»
F di famiglia, la stessa parola tatuata sui muscoli di Gabriele e Marco, la stessa che si dicono disposti a difendere contro tutto e tutti. Che significa per voi?
«I miei fratelli fanno gli spacconi sui social, ma quelle sono frasi da rapper senza significato. Famiglia come unione con le persone a noi vicine».
Da difendere anche a calci e pugni?
«Quella sera li hanno chiamati, chi era presente mi ha detto che si sono trovati una situazione di 15 contro due, gli amici loro che hanno cominciato la lite nel locale. Loro sono arrivati alla fine, avranno dato qualche spintone ma li conosco e non si sarebbero messi contro uno a terra, indifeso e più piccolo di loro».
Come fa a esserne certo?
«Li conosco. I primi guantoni da Mma glieli ho regalati io che gli ho trasmesso la passione ma anche le regole, il rispetto per l’avversario, la disciplina. È una sport di lotta ,non uno sfogo per violenti. Pure il fascismo e il razzismo sono cose che non esistono. Politica non ne hanno mai fatta e in palestra si allenano con ragazzi romeni, albanesi, nordafricani»
Però altre volte Gabriele che aspetta un figlio, ha aperto un negozio di frutta a Cori e da due anni è passato al pugilato) e Marco (allievo di punta nella Mma Accademia di suo zio Luca, che un paio di volte l’ha sospeso dagli allenamenti per i comportamenti fuori dal ring) erano intervenuti in situazioni analoghe (due denunce per lesioni risalente a tre anni fa sono ancora in attesa di processo, precisa l’avvocato Massimiliano Pica). Abusavano della forza per fare i giustizieri?
«Sì, hanno partecipato a liti o risse, ma sono bulli con i bulli, per difendere gli amici quando li chiamano. Non vanno contro i più deboli. Se penso a come è morto quel povero ragazzo... (scoppia a piangere)».
Grandi, grossi, addestrati contro uno ragazzo esile già a terra...
«Il calcio non gliel’hanno dato loro, proprio perché sono addestrati sanno controllarsi. E invece oggi tutti li indicano come assassini per che sono tatuati e si fotografano in pose aggressive. Cerchiamo di capirci, rientra nel personaggio, devono far paura anche in vista dei combattimenti nei ring o nelle gabbie».
Torniamo a quella sera. Che le hanno detto?
«Erano arrabbiati, sono venuti qui con gli altri due, hanno preso un caffè ma quando sono venuti i carabinieri, che sono anche miei clienti, hanno parlato tranquillamente. Non è un locale di sbandati, l’ho aperto pagando un mutuo, mia figlia di sei anni resta qui con mia moglie fino a sera e ora perderò tutto (per prudenza ha deciso di restare chiuso qualche giorno,ndr)».
Auto, anelli, orologi d’oro. Sembrano le pose di un boss, come Marco si faceva chiamare in un forum di appassionati ...
«L’Audi Q7 è la mia, pagata usata 4mila euro, dentro è tutta rovinata, gliel’ho prestata quella sera perché erano a piedi. Orologio uguale al mio - lo mostra al polso - Michael corrs, 200 euro. L’anello Gabriele l’ha ricavato fondendo i regali del battesimo suo».
E i leoni di gesso nella villa...
«Mia madre ha lavorato fin da giovanissima nelle serre, mio padre nei campi e c’è bisogno. Un cliente artigiano doveva pagargli i lavori per un pozzo artesiano e gli ha dato questi leoni. Le pareti sono ancora grezze come vedi. Non siamo la famiglia che avete descritto. Mia mamma è morta dentro, mio padre non parla più. Oggi sono qui per loro». Sull’uscio arriva la moglie Isa, “abbiamo perso tutto anche noi”, dice. Insieme piangono e zittiscono il telefono dopo l’ennesimo messaggio di odio.